Una precisazione di Francesco
Mario Agnoli, a proposito della conferenza di
Alessandro Barbero sul carcere sabaudo di Fenestrelle, tenuta alla Società Letteraria di Verona il 19
novembre 2014
Ho saputo da amici, che mi hanno fatto
avere il testo della relazione e degli interventi di pubblico e organizzatori,
della conferenza tenuta il 19 novembre a Verona, nella sede della Società
Letteraria, dal prof. Alessandro Barbero, in occasione della ripubblicazione
in veste economica del suo saggio I prigionieri dei Savoia – La vera
storia della congiura di Fenestrelle.
Anche se avessi voluto affrontare il
viaggio, certamente non sarei stato ammesso in sala, perché, a quanto mi è
stato riferito, professore e sodali hanno tenuto fede al costume di rifiutare
il confronto e di privilegiare le esibizioni ad applauso garantito. Di
conseguenza, un occhiuto controllo al portone d'ingresso (quasi un esame del
DNA culturale e politico) ha ammesso in sala solo amici e compagni di provata fede.
In questo sterilizzato ambiente, il Barbero ha riproposto pari pari il contenuto del suo libro, senza tenere conto delle
obiezioni mossegli, in un incontro a Bari nella libreria Laterza, l'unico - a
quanto mi consta – da lui accettato (forse perché trasmesso in Tv) dal prof. De
Crescenzo e da altri meridionalisti. Tanto meno ha tenuto conto delle obiezioni,
in replica al suo libro, affacciate dal sottoscritto in La vera storia dei
prigionieri borbonici dei Savoia, del quale l'editore aveva organizzato
presentazione e dibattito alla manifestazione è Storia di Gorizia
(maggio 2013), poi saltati, ufficialmente per decisione degli organizzatori
locali.
A quanto ho ricavato dal testo
inviatomi, anche di me (e di altri sventurati autori), il Barbero è tornato ad
occuparsi negli stessi termini del saggio. Mostrandosi disinformato, dato che
adesso sono in pensione, mi ha, difatti, nuovamente definito “magistrato in servizio”, apparentemente
a titolo di biasimo: non mi è chiaro, se perché ritiene che i magistrati non
debbano occuparsi di storia, o perché il giuramento di fedeltà alla Repubblica
include, a suo avviso, anche i miti del Risorgimento e del Regno sabaudo.
Ugualmente riproposta, nella sua
conferenza di Verona, è l'accusa capitale di avere scritto, nella prefazione al
bel libro di Fulvio Izzo, I lager dei Savoia, che a Fenestrelle ha avuto inizio una storia destinata a
portare ad “Auschwitz e a Pol Pot”;
affermazione accolta dal pubblico con una ilarità (alle mie spalle)
perfettamente conforme alla certificata purezza ideologica degl’intervenuti. Se
ne sia o no rallegrato il conferenziere, egli ha però trascurato di ricordare
ai suoi ridanciani ascoltatori che, ferme le differenze, a un secolo di
distanza con i lager, i gulag e Pol Pot, Fenestrelle era ufficialmente una “fortezza di correzione” dello Stato
sabaudo, esattamente come i gulag e
gli attuali laogai cinesi. E anche il
più scarso degli storici – e il Barbero non è tale, soltanto è fazioso – sa
bene che negli ultimi centocinquant'anni i crimini dell’ideologia e della
politica sono stati caratterizzati da un inarrestabile crescendo di crudeltà e
di orrori.
Non per nulla, su un muro di questo
caposaldo dell'“universo concentrazionario” sabaudo (chi vuole conoscere le
motivazioni della definizione può prendersi il disturbo di sfogliare - al
prezzo di appena 8 euro - il mio libriccino) si legge tuttora in grandi
caratteri neri una scritta, forse ancora peggiore, nel suo significato, dell'Arbeit macht frei di Auschwitz: “Ogni uomo vale non in quanto è,
ma in quanto produce”.
Al termine, il professore è stato colto
dal dubbio che non tutti apprezzino il
rifiuto del confronto e ha spiegato che, se fosse un professore
dell'Università di Napoli, studioso del Risorgimento, non avrebbe “voglia di
andare tutti i giorni a discutere con certa gente, con cui è inutile discutere,
perché tanto non li convinci”. Insomma, se si può parlare a un pubblico “che
viene per capire e che può giudicare quello che si dice” (evidentemente a
Verona gli unici in grado di capire sono i veronesi col bollino di garanzia
della locale Società Letteraria)
bene; invece “con certa gente non serve a niente” e allora vanno capiti
quelli che dicono: “non è il mio mestiere andare a combattere
contro i mulini a vento”. Che è poi esattamente quello che lui fa,
pur essendo un medievalista, che insegna non a Napoli, ma a Vercelli.
Dal momento che, pur giungendo a
conclusioni opposte alle sue - anche se non così drammatiche in numero di morti
come quelle degli amici napoletani – mi
sono basato esclusivamente sugli stessi documenti da lui utilizzati, gli uso la
cortesia di credere che non abbia letto le mie “controdeduzioni” (se così non
fosse, dovrei ritenerlo in mala fede).
In ogni caso non mi resta che prendere atto che, per il Barbero, io faccio parte di quella certa
gente, con la quale non si può proprio discutere, perché non è in grado di
capire. Poco male. Per quanto ne so, quella certa gente, cui si riferisce, è
brava gente. Probabilmente meglio dei suoi amici.
Prima di chiudere, due parole sul
buontempone di turno, un certo Biguzzi che, dopo
avere elogiato la “straordinaria
conferenza”, ha proposto (manco a dirlo!) al conferenziere, un parallelo fra negazionismo
della shoah e Fenestrelle. Il professore si è barcamenato, senza dargli
troppa corda. Da un lato non voleva dispiacergli (mi si dice che il Biguzzi, giornalista de L’Arena
e Presidente dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’Età
contemporanea, sia personaggio di peso a Verona);
ma dall'altro (come ho detto, non è fesso, tutt'altro) si rendeva
conto della pericolosità dell'argomento.
Se proprio si vuole parlare di
negazionismo e fare raffronti, negazionista sarà (lo dice il nome) chi nega le
sofferenze inflitte ai soldati napoletani a Fenestrelle e negli altri luoghi
(numerosi) dell'universo concentrazionario sabaudo, non chi le afferma.
Francesco Mario Agnoli