FAMIGLIA  E  CIVIL

Associazione per la difesa della Famiglia e della Civiltà Cristiana

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DON GIANNI BAGET BOZZO E LE SUE NUOVE SCIOCCHEZZE SULL’EUTANASIA. E BERLUSCONI GLI VA PURE DIETRO!

 

Dopo le strane distinzioni fra omosessualità e omoerotismo al tempo della parata sodomita di Roma nell’anno giubilare 2000 da lui sostenuta; dopo la difesa della legge sull’aborto e il sì allo status giuridico delle coppie omosessuali, adesso don Gianni Baget Bozzo, il sacerdote già sospeso a divinis per la sua candidatura nelle fila socialiste, al tempo di Craxi e più recentemente riallineatosi sulle posizioni di Forza Italia di cui passa per ideologo, ne ha combinata un’altra delle sue. E quel ch’è peggio trascina pure Berlusconi nei suoi errori!

Commentando l’angosciosa vicenda di Terri Schiavo, lasciata morire d’inedia attraverso una lenta eutanasia, in forza del presupposto che una vita non cosciente, tale non è e alla quale si negano inumanamente non solo le cure, ma il cibo stesso, il “confessore” di Berlusconi afferma che “l’eutanasia è l’atto di un uomo libero”, accettabile dalle leggi dello Stato (Il Giornale 24 marzo 2005); che sul caso Schiavo entrambe le posizioni sono legittime “quella di chi ritiene la vita comunque un bene in sé, da vivere in ogni caso; e quella di chi la lega invece alla qualità della vita stessa” (Corriere della sera 25 marzo 2005); che dove non c’è coscienza, né autosufficienza c’è accanimento terapeutico (ibidem); in queste sue posizioni pro eutanasia si fa scudo della nuova linea assunta dagli araldi della rivoluzione conciliare nella Chiesa, i quali considerano legittimo l’espianto d’organi da persona cerebralmente morta, in quanto priva appunto della coscienza. Dunque, così ragiona Baget, se è lecito espiantare colui che si ritiene morto, tanto più giusto sarà spegnerlo del tutto. Egli conclude affermando (ibidem) che si ha una “libera scelta [..] sul corpo”; che capisce che “in condizioni estreme si possa voler cercare una morte dolce”; ma poi si contraddice di nuovo, dichiarando anche di essere contrario all’eutanasia e riaffermando il “principio che non siamo padroni della vita”. Immediatamente la stampa laicista ha cantato vittoria per l’apertura (leggi: tradimento) della tradizionale dottrina cattolica da parte del sacerdote genovese.

Procediamo per gradi. È vero che i vaticanosecondisti hanno ceduto al trapiantismo selvaggio, accettando la fola scientista della morte cerebrale come vera morte (oggi rimessa in discussione negli Stati Uniti, come ha dimostrato un recente convegno a Genova promosso da quest’associazione); è vero che essa è una definizione puramente convenzionale e legale di morte; è vero che nessuno può misurare le funzioni cerebrali che si suppongono cessate e per di più in un arco di tempo così breve come quello di sei ore, ideato apposta perché gli organi da prelevare si mantengano freschi e vitali e il cuore pulsante; è vero che sono in giro per il mondo diversi esseri umani dichiarati espiantabili e risvegliatisi saggiamente prima che il chirurgo affondasse il bisturi nelle loro carni; è vero che le sofferenze del cosiddetto morto cerebrale, allorché gli vengono strappati gli organi vitali, sono tali da indurre alcuni ospedali a sedare il “morto”, con una contraddizioni in termini che ha del clamoroso. È vero ancora che gli ecclesiastici aggiornati hanno fatto malissimo ad abbandonare la tradizionale dottrina cattolica che vedeva nei segni della morte (a cominciare dalla putrefazione) l’unico elemento certo per considerarla sopravvenuta e che supponeva leciti i trapianti soltanto da cadavere di persona che avesse espresso il suo consenso quand’era in vita (donde l’esclusione di tutti i trapianti d’organi a cuore battente e con le funzioni circolatoria e respiratoria ancora attive). La dottrina tradizionale della Chiesa soggiungeva inoltre che in caso di dubbio insolubile si dovesse optare sempre per lo stato di vita, piuttosto che per quello di morte.

Ma nessun vaticanosecondista sottoscriverebbe mai le affermazioni pro eutanasia del prete genovese. Anzitutto l’insegnamento della Chiesa non impone affatto l’accanimento terapeutico: al paziente in fase terminale, ricorda Papa Pio XII, ci si può limitare a prestare le cure ordinarie, attendendo che lentamente si spenga, senza necessità di cure straordinarie, quando si sa che si rivelerebbero inutili. Già qui emerge la differenza con il caso di Terri Schiavo, paziente privo di coscienza, ma non in stato terminale, al quale si negano non solo le ordinarie cure mediche, ma perfino il cibo e che integra un mostruoso caso di eutanasia prolungata, né più né meno che un omicidio.

È da ricordare al riguardo che lo stesso Giovanni Paolo II, cui pure sono da imputare gravi cedimenti a proposito della morte cerebrale, sui pazienti in stato vegetativo ebbe a scrivere che “un uomo, anche se gravemente malato od impedito nell'esercizio delle sue funzioni più alte, è e sarà sempre un uomo, mai diventerà un «vegetale» o un «animale». Anche i nostri fratelli e sorelle che si trovano nella condizione clinica dello «stato vegetativo» conservano tutta intera la loro dignità umana. […] L'ammalato in stato vegetativo, in attesa del recupero o della fine naturale, ha dunque diritto ad un’assistenza sanitaria di base (nutrizione, idratazione, igiene, riscaldamento, ecc.), ed alla prevenzione delle complicazioni legate all'allettamento. […] In particolare, vorrei sottolineare come la somministrazione di acqua e cibo, anche quando avvenisse per vie artificiali, rappresenti sempre un mezzo naturale di conservazione della vita, non un atto medico. Il suo uso pertanto sarà da considerarsi, in linea di principio, ordinario e proporzionato, e come tale moralmente obbligatorio. […] Inoltre, non è possibile escludere a priori che la sottrazione dell'alimentazione e idratazione, secondo quanto riportato da seri studi, sia causa di grandi sofferenze per il soggetto malato, anche se noi possiamo vederne solo le reazioni a livello di sistema nervoso autonomo o di mimica. Le moderne tecniche di neurofisiologia clinica e di diagnosi cerebrale per immagini, infatti, sembrano indicare il perdurare in questi pazienti di forme elementari di comunicazione e di analisi degli stimoli“ (Discorso ai partecipanti al congresso internazionale su "I trattamenti di sostegno vitale e lo stato vegetativo. Progressi scientifici e dilemmi etici", 20 marzo 2004). Giovanni Paolo II rammenta inoltre che sono molti i casi documentati di ripresa di persone dallo stato vegetativo anche dopo molti anni.

L’eutanasia, per la dottrina  cattolica, non è un atto libero, bensì semplicemente un suicidio-omicidio: come si possa dire ch’essa sia un atto libero, ma anche che non siamo noi i padroni della vita, come si faccia a ritenere legittimo sia il partito di chi uccide che quello di chi difende la vita sono misteri che solo il prete Bozzo ci può spiegare. Come pure che cosa c’entri l’incoscienza e la non autosufficienza con l’accanimento terapeutico: anche lo stato di sonno, lo svenimento, il coma, la vita di un neonato o di un menomato psichico difettano della coscienza e dell’autosufficienza. Sono casi di accanimento terapeutico? Ce ne sbarazziamo? Dov’è il confine qui con l’eugenetica anticristiana?

Ma c’è di peggio nella posizione del Bozzo: una concezione puramente edonistica della vita (diremmo di edonismo berlusconiano, se tale concezione non fosse condivisa anche da tanta parte della sinistra oltre che da una cosiddetta destra, che ragiona come la sinistra); una concezione senza più prospettive ultraterrene, dalla quale è bandita ogni sofferenza e inabilità, di cui non si coglie più il valore soprannaturale, mentre esse sono tristi e indivisibili compagne, assieme alla morte, di ogni condizione umana, quale retaggio del peccato originale e dei nostri peccati attuali.

Se l’alternativa al progressismo ecclesiale è lo pseudo-tradizionalismo di Gianni Baget Bozzo la Chiesa ha ben poco di che rallegrarsi. Per fortuna così non è e presto si manifesterà anche in Europa, come negli Stati Uniti, l’ondata religiosa che travolgerà il sabba ecclesiale cagionato quarant’anni fa dall’infausto concilio vaticano II, con il quale prima si regolano i conti e meglio sarà per tutti. Per il bene delle anime in primis.

 

Verona, 29 marzo 2005

                                                                                                                                             Il Presidente

                                                                                                                                     Palmarino Zoccatelli