Origine dei termini dialettali
veneti schèi
e franco, per indicare i soldi
Gli Schèi¯
Schèi è un
termine veneto con il quale viene indicato in generale
il denaro.
La probabile
etimologia del termine è piuttosto singolare. Ai tempi del Regno Lombardo-Veneto (1815-1866), quando
il Veneto
si trovava sotto l'egemonia austriaca,
erano in circolazione alcune monete su cui era riportata la scritta schèid.munz, abbreviazione del tedesco
Schèidemünze cioè "moneta divisionale"[1].
Questa veniva pronunciata popolarmente come schèi,
leggendo come in italiano la parola (la vera pronuncia in tedesco sarebbe stata
"sciaid.munz"); da cui poi derivò anche il
singolare schèo per indicare la singola moneta[2].
Il termine è
sopravvissuto sino all'epoca contemporanea. Il singolare, inoltre, indica per
estensione qualcosa di piccole dimensioni, analogo all'italiano "soldo di cacio" (picoło fa un schèo,
"piccolo come un soldo di cacio"), o anche una breve lunghezza, come
un centimetro (spòsteło de vinti schèi, "spostalo
di 20 cm"). Si usa il gergale esar
sensa schèi per l'
"essere senza soldi",
mentre averghe quatro
schèi (“avere
quattro soldi" - cioè non averne - in italiano)
nel Veneto significa averne molti[3].
Gli schèi in Veneto, dalla scritta Schèidemünze, Moneta divisionale.
Moneta da 6 kreuzer dell’anno 1848 dell’Imperatore Ferdinando
I e dell’anno 1849 dell’Imperatore Francesco Giuseppe I (rispettivamente alla pagina
precedente e qui sopra). Nell’esergo,
sia della prima che della seconda moneta, al dritto compare la scritta: Schèidemünze K. K. Oesterreichische,
Moneta spicciola dell’Imperial-Regio Governo austriaco; nel rovescio
compaiono il suo valore, la data e il luogo di conio, indicato dalla lettera A
(Augusta Vindobonensis o Vindobona,
cioè Vienna): 6 kreuzer - 1848 (1849,
nella seconda moneta).
Il Franco
Con
l'introduzione dell'euro,
invece, è entrata in disuso la parola franco, usata per indicare le lire
e, quindi, una ben definita somma di denaro. Per cui trenta franchi
erano trenta lire; 'na carta da mìłe (franchi) era una banconota da mille lire, ma
rimane che averghe un franco significa
ancora oggi "avere dei soldi".
Il termine deriva da un'altra moneta austriaca, che riportava l'abbreviazione Franc., indicante il nome dell'Imperatore Francesco Giuseppe.
Alla
pagina precedente: Regno Lombardo-Veneto. Francesco
Giuseppe I d’Asburgo, Imperatore d’Austria. Moneta da 1 fiorino dell’anno 1859.
M è sigla che sta per la zecca di Milano (V sta invece per quella di Venezia). Qui
si trova l’origine del termine veneto franco
per designare i soldi, da Franc., abbreviazione che sta,
sul dritto, per: Franciscus Joseph I, Dei Gratia
Austriae Imperator (Francesco Giuseppe I, per grazia di Dio Imperatore d’Austria). E,
sul rovescio: Galiciae, Lodomiriae, Illyriae Rex, Archidux Austriae. 1859. Hungariae, Bohemiae, Lombardiae et Venetiae (Re di
Galizia, Lodomiria, Illiria, Ungheria, Boemia, Lombardia
e Veneto, Arciduca d’Austria. 1859).
1 florin. ¼ di fiorino valeva 10 kreuzer.
¯ Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Schèi Testo accresciuto e corredato d’immagini dalla redazione.
[1] La moneta divisionaria o
moneta spicciola è quella di piccolo taglio, che ha per il debitore un potere
liberatorio limitato, giacché deve essere accettata solo per piccoli importi. Si
differenzia perciò delle banconote che, per legge, estinguono qualunque debito
che il detentore di tale bene vanti nei confronti di un terzo, tramite la sua
cessione e la sua accettazione come mezzo di pagamento; moneta banconota che, offerta
dal debitore, non può essere rifiutata dal creditore. Le banconote hanno dunque
un potere liberatorio illimitato. N.d.r.
[3] Vi sono poi anche proverbi
veneziani, che usano la parola schèi in senso allegorico. Per esempio: Sinque schei de mona ghe fa ben a tuti, ovvero: Fare un po' il tonto può essere vantaggioso
a tutti. O anche: Do schei de mona sta sempre ben in scarsela: Fingere di essere tonti può sempre venire utile. N.d.r.