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Identità.com Nuoce gravemente all’ignoranza - 22 agosto 2012
Sacrifici
umani nelle comunità di immigrati
Se credete
che i sacrifici umani siano un antico retaggio di culture selvagge
definitivamente estinte e cadute nel limbo, vi sbagliate. Nonostante la
propaganda antirazzista si sforzi costantemente di presentarci un’immagine
politicamente corretta dei popoli africani, in Uganda l’uccisione di bambini
per rituali stregoneschi è un fenomeno che ha raggiunto proporzioni davvero
incredibili, a dimostrazione di come “pratiche che nei paesi civilizzati hanno
portato i loro seguaci al patibolo continuano ad essere per il Sud del mondo
ordinaria amministrazione” . Silvano Lorenzoni nel Selvaggio mostra come comportamenti
che per i selvaggi costituiscono la normalità sono considerati tra i
popoli civili sintomi di psicopatologie: “Inizierò mettendo a fuoco
quelle manifestazioni che avvicinano il selvaggio ai comportamenti di quei
civili che normalmente sono, o dovrebbero essere, confinati nelle istituzioni
psichiatriche, e, successivamente, quelle (tossicodipendenza compulsiva,
deviazioni sessuali ecc.) che più lo avvicinano all’animalità.
Un bimbo morto in cambio successo, soldi, salute. È
quanto accade in Uganda, Paese africano dove – secondo le stime di Jubilee
Campaign, charity che si occupa di tutela dei minori – il macabro rituale ha
già coinvolto 900 bambini. Un recente reportage investigativo della Bbc nello
stato africano ha rivelato che il numero delle piccole vittime di sacrifici
umani sta aumentando rapidamente e la polizia fa ben poco per risalire ai
colpevoli e ancora meno per proteggere le potenziali vittime.
http://www.lettera43.it/attualita/28884/uganda-attenti-all-orco.htm
è interessante
notare che tali riti, pur essendo proibiti dalla legge, sono talmente diffusi e
socialmente accettati, da non suscitare la minima riprovazione da parte dell‘africano medio. Infatti benché l’attuale
incremento dei sacrifici sia riconducibile ad una specifica setta chiamata
Yu-Yu, questo fenomeno non è un’anomalia estranea alla cultura e alla mentalità
africane ma, al contrario, si radica nella psicologia stessa di quelle
popolazioni, le quali dal punto di vista morale non vi trovano assolutamente
nulla di male. Infatti, in questo continente, e in particolare in Uganda, casi
di sacrifici umani sono sempre esistiti e spesso sono gli stessi guaritori
tradizionali che finito l’insegnamento di queste pratiche devono iniziare con il
sacrificio del proprio figlio. Ecco la descrizione particolareggiata di uno di
questi riti:
Molte famiglie, in quelle zone dell’Africa dove lo
Yu-Yu è molto diffuso, destinano uno dei loro bambini al sacrificio per
garantire benessere a tutta la famiglia. I membri della setta assistono, nudi,
all’opera dello sciamano che, stordita la vittima, gli taglia la gola facendo
molta attenzione a che neanche una goccia di sangue vada sprecata; il sangue
(5/6 litri) viene raccolto in una bacinella metallica e versato sulle teste dei
presenti che, poi, si accoppiano ancora tutti lordi di questo.
http://www.valianti.it/cgi-bin/bp.pl?pagina=mostra&articolo=1729
Un buon
africano non capirà mai perché queste pratiche suscitino nell’uomo bianco tanta
riprovazione. Per lui l’omicidio non è un crimine, tanto più se è lo stregone a
ordinarlo. Ecco come un negro tratta il rito sanguinario con un cronista della
BBC che si è finto un acquirente:
«Esistono due
modi di farlo», ha spiegato Awali al giornalista, «possiamo seppellire il bambino vivo dove stai costruendo la tua sede
oppure possiamo tagliarlo a pezzi e mettere il suo sangue in una bottiglia. Se
è maschio gli tagliamo la testa e i genitali, seppellendoli insieme alle mani e
ai piedi».
http://www.lettera43.it/attualita/28884/uganda-attenti-all-orco.htm
Ci viene
spontaneo chiederci, visti gli attuali flussi migratori, quali saranno a lungo
termine gli effetti dell’importazione di questa preziosa cultura nel continente
europeo. La risposta ce la da un articolo di alcuni anni fa, in cui si descrive
come l’immigrazione grazie
alle associazioni antirazziste e umanitarie abbia permesso agli stregoni
africani di esportare le loro pratiche di magia nera sino in Gran Bretagna.
Tutto è cominciato col ritrovamento di un corpo mutilato nel Tamigi.
Si trattava di un bambino di razza africana cui erano
stati amputati la testa, le gambe e le braccia; investigatori lo battezzarono
Adam e cominciarono le indagini. La prima risultanza fu che la causa della
morte era stato un accuratissimo taglio della vena giugulare, cui era seguito
un drenaggio completo del sangue. (…) Studiando i resti del bambino sacrificato
si scoprirono nello stomaco e nell’esofago resti di una pozione costituita da
rare erbe africane; l’antropologo spiegò che si trattava di erbe che stordivano
la vittima prima del sacrificio.
http://www.valianti.it/cgi-bin/bp.pl?pagina=mostra&articolo=1729
Infine si
scoprì che:
Bambini maschi tra i 4 e i 7 anni venivano comprati in
Africa per 10/20 dollari; fatti arrivare in Gran Bretagna assieme a coppie di
richiedenti asilo, che se ne avvalevano per facilitare le pratiche di
accettazione, e poi passati a sette segrete apparentemente di denominazione
cristiano-evangelica, in realtà sette sataniche che li sacrificavano, spesso
dopo averli torturati, per cacciare «cattivi spiriti» o malattie. I bambini
importati dall’Africa in questa maniera sarebbero almeno un centinaio e questa
potrebbe essere la punta di un iceberg.
Tra poche decine di anni l’Europa si sarà
definitivamente trasformata in un continente africano. Non è
difficile perciò ipotizzare un aumento di queste pratiche, con buona pace di
progressisti e associazioni umanitarie. Già l’anno scorso abbiamo avuto notizia di un
caso simile, riguardante un barcone attraccato a Lampedusa. Un sopravvissuto,
un ghanese di 16 anni, raccontò infatti che durante l’attraversata furono
gettati in mare alcuni uomini per “placare
gli spiriti del mare”:
A bordo del barcone venivano eseguiti sacrifici umani
per invocare il sostegno di qualche divinità pagana nei momenti di difficoltà,
o anche semplicemente per punire qualche innocente che veniva ritenuto
colpevole di aver provocato qualche danno ai motori dell’imbarcazione. La regia
degli avvenimenti era tenuta da quattro donne, quattro maghe, delle santone nigeriane
che eseguivano riti magici a bordo dell’imbarcazione indicando di volta in
volta chi doveva essere gettato in mare. Il fatto che nell’imbarcazione ci
fossero etnie diverse ha favorito una sorta di guerra interna dominata da
alcuni nigeriani. Un sopravvissuto ha raccontato che donne di etnia nigeriana
facevano riti magici al termine quali indicavano qualcuno. Questo veniva preso,
legato mani e piedi e ancora vivo gettato in mare.
Una cosa
molto importante da sottolineare è che tutte le donne arrestate erano ospitate in strutture di
accoglienza: “due a Palinuro, in
provincia di Salerno, uno a Cosenza e altri due in un albergo di Enna” e
che tutti i responsabili,
“erano già in possesso di permesso di
soggiorno dopo avere richiesto e ottenuto asilo politico”.
Forse
gioverà a questo punto interrogarsi sui fondamenti antropologici di questa
crudele usanza. Il sacrificio umano a scopi stregoneschi riflette di per sé un
tratto caratteristico della psicologia dei negri e, in genere, delle
popolazioni selvagge. Infatti a differenza di altre forme di culti sacrificali,
in uso nell’antichità presso popoli di stampo indoeuropeo, che avevano una
valenza cosmica e sancivano un legame con la comunità di appartenenza e col
divino, il rito
stregonico è totalmente spogliato da qualsiasi carattere sacrale e
comunitario, e si riduce sostanzialmente a una sorta di contrattazione magica
con i demoni per ottenere vantaggi individuali e materiali. Ciò, del
resto, si accorda perfettamente con la stessa concezione della religiosità in
uso presso i selvaggi, caratterizzata da una totale cesura con il sacro, che
degenera in mero fattucchierismo e magia nera tra i popoli del Sud del mondo,
improntati a una crudeltà metafisica che riflette il loro allontanamento
dall’umanità e il loro affacciarsi sull’animalità. op. cit. “Da ciò
risulterà chiaro come da un lato il selvaggio possieda ancora un labile
aggancio con l’umanità normale, dalla quale comunque si è allontanato, e
dall’altro lato esso si affaccia già su quell’animalità alla quale è
destinato”.
Concludendo,
fenomeni come questi dimostrano in maniera inequivocabile, se non fosse già
abbastanza chiaro, che l’idea
di importare selvaggi dalle aree più degradate del pianeta non potrà mai
costituire una fonte di arricchimento culturale per i popoli civili, ma solo
una causa di costante regressione antropologica, di imbarbarimento e di
degenerazione. L’immigrato di colore è inassimilabile. La sua presenza
va di pari passo al deterioramento delle strutture civili, morali e spirituali
di una Nazione. […]