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Nullità dei
Sacramenti conciliari
di don Floriano Abrahamowicz
Invito tutti
coloro che vogliono rimanere cattolici e ricevere sacramenti validi a leggere
attentamente ed assimilare questa breve e completa spiegazione del PERChè I SACRAMENTI DELLA CHIESA
CONCILIARE SONO NULLI. Chi invece desidera l’assurdo – farsi riconoscere
come cattolico dalla “contro-chiesa” – finisce per porre un atto di
AUTOESCLUSIONE dalla Chiesa Cattolica.
Del tutto invalido e assolutamente
nullo
Riflessioni
sull’invalidità del Sacramento dell’Ordine episcopale come promulgato da Paolo VI
in risposta all’articolo di Padre Pierre-Marie, OP¯
di don Anthony Cekada
Traduzione e
sintesi di Federico Colombera
***
“Quando saranno scomparsi i
sacerdoti validamente consacrati, [i modernisti] permetteranno la celebrazione
della Messa in latino”, Don Carl
Pulvermacher, 1977
Il 18 giugno
del 1968, Giovanni Battista Montini/Paolo VI portava a compimento la riforma
del Pontificale Romano, mutando così radicalmente, tra le altre cose, il
Sacramento dell’Ordine Episcopale.
Il nuovo
Sacramento risulta, ad un’attenta analisi, e come confidenzialmente rivelatomi
da Monsignor Lefebvre nel 1970, decisamente invalido. Il problema
dev’essere analizzato ricorrendo alla teologia dei Sacramenti, che illustra da
una parte la natura dei princìpi utili per poter determinare la validità della
forma sacramentale stessa e, dall’altra, la metodologia per poter applicare
empiricamente tali leggi.
La
Costituzione di Paolo VI ha introdotto un mutamento sostanziale rispetto
alla forma dell’Ordine
poiché, come prescritto da
Papa Pio XII, essa deve inequivocabilmente esprimere l’effetto che si vuole
produrre, ovvero il potere dell’Ordine e la relativa grazia prodotta dallo
Spirito Santo. Inoltre Papa Pacelli, rispetto all’Ordinazione
episcopale, ha chiaramente indicato la formula adatta allo scopo, in cui il potere
dell’Ordine ricevuto dal Vescovo e la grazia conferita dallo Spirito Santo
risultano senz’ombra di dubbio espresse.
In
particolare, ecco la formula
come voluta da Montini:
“Effondi ora
sopra questo eletto la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che
regge e guida: tu lo hai dato al tuo diletto figlio Gesù Cristo ed egli lo ha
trasmesso ai Santi Apostoli, che nelle diverse parti della terra hanno fondato
la Chiesa come tuo santuario a gloria e lode perenne del tuo nome”[1].
In queste righe non troviamo traccia dello specifico
potere dell’Ordine che si intende trasmettere. La consacrazione episcopale conferisce
al nuovo Vescovo una specifica facoltà: quella di ordinare, a propria volta, sacerdoti
e Vescovi. Ciò è completamente assente nel rito riformato.
Paolo VI ha inteso inserire antiche preghiere
appartenenti alla liturgia copta e siro-occidentale. Però queste orazioni non
hanno carattere sacramentale e vengono pronunciate quando l’ordinando è già
stato consacrato Vescovo. L’orazione di Montini non era quindi usata con lo
stesso scopo nel rito orientale.
E ancora: si
è voluto attingere ad antiche fonti — quali, ad esempio, la Traditio
apostolica di Ippolito, inserendone alcune parti nella Prefazione del nuovo
rito — ma non possiamo affermare che ciò è sufficiente per validarlo. I testi a
cui ci si riferisce sono infatti frutto di ricostruzioni relativamente recenti,
la loro origine e attribuzione è solo presunta e, soprattutto, non esistono
indizi certi che possano permetterci di identificare tali preghiere quali forme
sacramentali ufficialmente consentite e impiegate come tali dalla Chiesa.
Ma
l’ostacolo più difficile da superare riguarda l’identità e il significato dello
“Spirito che regge e guida”, “Spiritus principalis”. Dom Bernard Botte
(1883 – 1980), il religioso modernista vero artefice della riforma, sostenne
che per il cristiano dei primi secoli Spiritus
principalis corrispondeva alla funzione episcopale ed ai relativi poteri,
perché i Vescovi posseggono lo “spirito d’autorità” come “capi della Chiesa”.
La
spiegazione appena riportata è da rigettare completamente. La letteratura
enciclopedica, l’esegesi scritturale, gli scritti dei Padri della Chiesa, i
trattati di teologia dogmatica e l’attento studio delle forme non sacramentali
orientali non permettono di far emergere nulla di univoco e, certamente, nulla
di direttamente ricollegabile all’interpretazione di Botte. Spiritus principalis non si riferisce
dunque all’episcopato o alla pienezza degli Ordini Sacri posseduto dal Vescovo.
In conclusione, sosteniamo che nella Costituzione
apostolica firmata Montini, nella sezione dedicata all’Ordine episcopale
manchino due dei principali capisaldi voluti da Papa Pio XII per la validità
della consacrazione: l’espressione “Spirito
che regge e guida” non è indissolubilmente e certissimamente legata
all’effetto sacramentale che si vuole imprimere e, inoltre, non lascia
intendere nemmeno lontanamente lo specifico potere dell’Ordine di cui il Vescovo
viene a disporre.
Con la nuova
formula si muta sostanzialmente il significato della precedente orazione in cui
“la pienezza del sacerdozio di Cristo
nell’ufficio e nell’ordine episcopale” o/e “la pienezza e la totalità del ministero sacerdotale” assume
innegabile ed evidente rilievo. E ogni cambiamento nella sostanza della forma sacramentale, come
insegna la dottrina teologica, rende il sacramento invalido[2].
Il rito del 1968 non può quindi creare un valido Vescovo
che, in quanto tale e a propria volta, non è in grado di elevare alcuno al
sacerdozio o all’episcopato. I modernisti hanno adulterato le parole
fondamentali della forma sacramentale attuando un vero e proprio “balzo
semantico” verso l’ambiguità e l’assurdità. Non
dimentichiamo, infine, la più rilevante conseguenza delle nostre conclusioni: i preti e i Vescovi ‘consacrati’ con il
rito di Paolo VI amministrano Sacramenti (Cresima, Eucarestia, Penitenza, Estrema Unzione) altrettanto invalidi.
RISPOSTA
ALLE PIù COMUNI OBIEZIONI
1. “Il contesto garantisce la validità della
forma”. Falso. La
preghiera per l’Ordinazione dei Vescovi del nuovo Pontificale manca di un elemento
essenziale, l’espresso riferimento al potere di consacrare altri candidati,
e a ciò non può supplire la debolezza di altri aspetti più o meno periferici
del rito.
2. “La forma è
stata approvata dal Papa”. Irrilevante. E per due ragioni. Innanzitutto,
noi sedevacantisti riteniamo che Montini non fosse assolutamente legittimo e
vero Papa della Chiesa Cattolica, ma … transeat; secondo il Concilio di
Trento e Papa Pio XII, la Chiesa non ha il potere di mutare la sostanza di
un Sacramento. Montini impose proprio questo, e ciò costituisce
un’ulteriore prova del suo non-pontificato.
Il
rito cattolico sommamente trionfante della
consacrazione
episcopale secondo la formula tradizionale[3]
Spettacolare altresì, nell’antico rito, assieme alle altre cerimonie (l’unzione del capo; il conferimento del pastorale; la benedizione dell’anello episcopale; la consegna del Vangelo; il bacio della pace; la genuflessione innanzi al consacrante del consacrato, il quale poi si erge in piedi all’altare sul lato destro o dell’epistola, in mezzo agli altri Vescovi; l’imposizione delle chiroteche o guanti episcopali; l’intronizzazione sul faldistorio del neo-Vescovo da parte di quello consacrante; la benedizione del popolo attraversando la chiesa ecc.) la preghiera che accompagna l’imposizione della mitra episcopale, visibile anche in uno spezzone del film Il Cardinale di Otto Preminger (1963), cfr. https://www.youtube.com/watch?v=rWNEnUyHtHk
Domine Deus,
Pater omnipotens, cujus praeclara bonitas est, et virtus immensa, a qua omne
datum optimum et omne donum perfectum, totiusque decoris ornamentum, benefdicere, et sanctifficare dignare hanc mitram hujus famuli tui
Antistitis capiti imponendam. Per Christum Dominum nostrum. |
Signore Iddio, Padre onnipotente, la cui
bontà è eccelsa e immensa è la potenza, tu, da cui ogni cosa proviene per il
meglio e ogni dono è perfetto, ornamento di ogni bellezza, degnati di benefdire
e di santifficare questa mitra, che
sta per essere imposta sul capo di questo Vescovo tuo servo. Per Cristo nostro
Signore. |
R. Amen. |
R. Amen. |
Subito dopo il Vescovo
consacrante asperge la mitra del consacrando con acqua benedetta; quindi,
stando seduto, con la propria mitra in capo, aiutato dai Vescovi assistenti,
impone la mitra sul capo del consacrato, pronunziando queste parole: |
|
Imponimus, Domine, capiti hujus Antistitis et
agonistae tui galeam munitionis et salutis, quatenus decorata facie, et
armato capite, cornibus utriusque Testamenti terribilis appareat adversariis
veritatis; et, te ei largiente gratiam, impugnator eorum robustus exsistat,
qui Moysi famuli tui faciem ex tui sermonis consortio decoratam, lucidissimis
tuae claritatis ac veritatis cornibus insignisti: et capiti Aaron Pontificis
tui tiaram imponi jussisti. Per Christum Dominum nostrum. |
Imponiamo, o Signore, sul capo di questo Vescovo e tuo combattente
l’elmo della fortezza e della salvezza, per modo che, ornato nel volto e
armato nel capo, e presidiato da ciascuno dei Testamenti da entrambi i
fianchi, appaia terribile ai nemici della verità; e, con l’elargizione della
tua grazia, si levi forte assalitore contro di essi, tu che ornasti il volto
del tuo servo Mosè con la partecipazione alla Tua parola e lo insignisti
dello splendore della tua luce e della tua verità e che ordinasti che sul
capo di Aronne, Pontefice tuo, fosse imposta la tiara. Per Cristo nostro
Signore. |
¯ Titolo originale dell’opera: Absolutely null and void, http://www.traditionalmass.org/images/articles/NewEpConsArtPDF2.pdf,
25 marzo 2006. Attraverso lo scritto, don Cekada confuta le tesi di padre
Pierre-Marie, dell’ordine dei Domenicani di Avrillé, in Francia, vicini alla
Fraternità Sacerdotale San Pio X, che nella rivista Sel de la Terre, n.
54, 2005, pp. 72-129, vigorosamente sostiene, con padre Schmidberger, la
validità della nuova prassi sacramentale di Paolo VI. [Di recente anche don
Curzio Nitoglia ha difeso la validità dei Sacramenti riformati dopo il vaticano
II, cfr. Sì sì no no n. 9, anno XL,
15 maggio 2014, pp. 1-6, n.d.r.]
[1] Questa
invece la formula tradizionale, come dal Pontificale
Romanum:
Quindi il Vescovo consacrante e i Vescovi
assistenti toccano con entrambe le mani il capo del consacrando, dicendo:
Ricevi lo Spirito Santo. [Accipe Spiritum Sanctum].
Ciò fatto, il Vescovo consacrante, ritto
in piedi, deposta la mitra, dice:
Ascolta, Signore, la nostra preghiera: effondi su questo tuo figlio, con la pienezza della grazia sacerdotale, la potenza della tua benefdizione. Per il Signore nostro Gesù Cristo tuo Figlio, che, Dio, vive e regna nell’unità dello Spirito Santo. [Propitiare, Domine, supplicationibus nostris, et inclinato super hunc famulum tuum cornu gratiæ sacerdotalis, benefdictionis tuæ in eum effunde virtutem] N.d.r.
[2] Cfr. Leone XIII, Apostolicae curae, 13 settembre
1896, DZ 1963-6. Attraverso
questa Bolla, Papa Leone intese negare la validità delle ordinazioni anglicane,
sancendo la loro assoluta nullità. In sostanza Don Cekada estende tale giudizio
alle ordinazioni episcopali, celebrate con il rito di Paolo VI, invalide
per un insanabile vizio di forma. N.d.t.
[3] Nota aggiuntiva redazionale.