NOTA DI AGGIORNAMENTO
(se la notizia circa
la denunzia della
Sede Vacante da parte
di Burke non è una fola)
Sembra che il “Cardinale”
statunitense Raymond Leo Burke (nato a Richland
Center, nel Wisconsin, nel 1948) abbia
in animo d’iniziare un tour di
conferenze per l’Italia per presentare il suo ultimo libro e che questo sarebbe
l’occasione per denunziare o proclamare l’assenza di una valida autorità ovvero
la Sede Vacante nella Chiesa, con riferimento, è da presumere, al solo
Pontefice Romano.
Detta così e se confermata, la notizia sarebbe tale da squassare i cieli di quella che un tempo fu la Cristianità e da far impallidire il cosiddetto caso Lefebvre, esploso a metà degli anni ’70. Allora l’Arcivescovo francese incarnò, agli occhi dei più, la principale resistenza agli atti illegittimi di un’autorità (?) sempre più manifestamente modernista nella Chiesa. è da rilevare, peraltro, che il problema della Sede Vacante e quello dell’illegittimità dei “Pontefici” post-conciliari, fu adombrato solo come ipotesi in alcuni suoi scritti e discorsi, ma non fu mai ufficializzato espressamente. Anzi coloro che si professavano sedevacantisti erano esclusi dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X, la Congregazione religiosa fondata appunto da Monsignor Marcel Lefebvre. Forse i tempi non erano ancora maturi, né la vacanza di una legittima autorità così conclamata come oggi; o forse mancò, nell’alto prelato, la determinazione necessaria, Dio giudicherà.
Premesso che l’assenza
di una valida autorità nella Chiesa sarebbe da far risalire ad Angelo Maria Roncalli
(Giovanni 23°) e all’indizione del “Concilio” Vaticano 2°, in forza della Bolla
Cum ex apostolatus
officio (1559) del Papa Paolo IV, che importa la decadenza dalla carica di
chiunque abbia professato pubblicamente l’eresia, Papa incluso; e premesso che
l’invalidità dei “sacramenti” conciliari si profila sotto un duplice aspetto,
ovvero per l’assenza di una valida autorità che li promulgò e per un vizio essenziale
nella nuova formula adottata per l’ordinazione episcopale, cosa che rende invalida
sia l’acquisizione dell’episcopato in capo al designato, sia la trasmissione
del sacerdozio gerarchico in capo ai chiamati al presbiterio; nondimeno l’iniziativa
di Burke, se tale e se confermata, sarebbe da salutare con gioia e con immensa
speranza, perché potrebbe portare finalmente a una salutare soluzione della
spaventosa apostasia indotta dalle dottrine conciliari nella Chiesa e porre
fine allo scisma cagionato dai modernisti e progressisti (sia nella versione
più estremista, che in quella più moderata). Progressisti, i quali non hanno esitato a separarsi da ciò che la
Chiesa ha sempre professato e hanno abusivamente occupato e snaturato la Santa
Chiesa trasformandola — nella sua dimensione umana — in altra cosa e in un’altra
religione da quella cattolica.
Ammaestrati tuttavia dalle passate disillusioni, affacciamo
quattro caveat,
quattro avvertenze per chi legge, a proposito della più che auspicabile iniziativa
del Burke, temendo:
1 – che tutto si riduca alla semplice enunciazione che, al presente, la Chiesa è una nave senza nocchiero (l’espressione originale, pronunziata da Burke, è “senza timone”[1]); non vorremmo, in sostanza, che si facesse passare tutto come un grande caos, quale può trovarsi anche in una situazione ordinaria della Chiesa, per esempio allorché un Papa sia malato o impedito o moribondo, e i suoi collaboratori si permettano libertà altrimenti impensabili, facendogli firmare, sulla fiducia, atti o documenti equivoci o addirittura contrari alla sua volontà;
2 – che la denunzia di tale immenso caos non sia che una semplice manovra per ricondurre
all’ovile conciliare del tradimento e dell’eresia, i tanti scandalizzati da Bergoglio e dalle bergogliate,
offrendo a costoro una sponda integrista o para-integrista, che permetta loro di
restare “cattolici”, criticando o dissentendo pubblicamente da “Papa” Francesco
1° o anche opponendosi a lui, senza però denunziare e affrontare il male nei
termini tragicamente apocalittici in cui esso è, a nostro sommesso giudizio e
come sopra abbiamo cercato di spiegare; termini che sono quelli di una radicale
privazione dell’autorità legittima, a partire da Roncalli e dell’assenza di
validi Sacramenti (quindi con non-Vescovi e non-preti) ordinati a far parte dal
1968 in avanti col nuovo rito; l’ipotesi di rischio qui affacciata, ovvero la consueta manovra di sviamento della
Rivoluzione, sarebbe lo scenario peggiore e più inquietante, finalizzato a
salvare le “conquiste” sovversive fin qui acquisite; si tratterebbe in sostanza
di generare un dissenso controllato
(controllato in tutti i sensi) così da neutralizzarlo, impedendo o
ritardando il realizzarsi di una vera Restaurazione cattolica e tradizionale,
quale quella predetta a Fatima; un depistaggio purtroppo altre volte messo in
atto, anche a cagione della levatura morale e dottrinale non sempre eccelsa degli
odierni prelati e pseudoprelati; tuttavia, anche in
questa deprecabile ipotesi, una manovra diversiva e “di alleggerimento” da
parte della Rivoluzione, denoterebbe che l’insofferenza verso Bergoglio e le sue pagliacciate ha raggiunto livelli di non
ritorno e che i servi del demonio sono seriamente preoccupati, il che è bene:
3 – che Burke proclami
l’usurpazione bergoglista, lasciando intatti però,
quali “autorità legittime”, i falsi
Papi succeduti al Sommo Pontefice Pio XII, l’ultimo degno di questo nome e
l’ultimo a recare legittimamente l’anello del Pescatore, che fu prerogativa di
San Pietro; si salverebbero così, con tutti i loro tradimenti, i vari Giovanni
23°, Paolo 6° (pseudobeato), Giovanni Paolo 1° e 2° (pseudosanto), nonché l’ineffabile Benedetto 16°, colui che
ha consacrato “Vescovi” molti dei peggiori sgherri di cui si è valso Bergoglio per sfasciare quanto ancora rimaneva della Chiesa
Cattolica; limitarsi a dichiarare la sola usurpazione del gaucho argentino, tralasciando chi lo ha preceduto nell’opera di
distruzione della dottrina, della morale e della verità cattoliche, sarebbe la cosa
più facile, ma anche altrettanto insostenibile, poiché Jorge Mario non viene
dal nulla; saprà Burke resistere alla tentazione (essendo stato ordinato nel
1975 da Montini e fatto “Vescovo” da Wojtyla nel 1995, con assegnazione
prima a La Crosse e poi a Saint-Louis) di
giustificare il suo passato conciliare e il suo “episcopato”, passandoli per
validi, quando oggettivamente non lo sono? egli
dovrebbe avere anzi il coraggio di dirlo e di farsi riordinare da un Vescovo
tradizionalista non una cum erroribus Bergolii);
non sappiamo, se Burke sarà disposto a farlo, ma questo, oltretutto, nobiliterebbe
la sua causa e renderebbe più forte la sua denunzia, perché disinteressata; e sarebbe
anche un modo per scrollarsi di dosso l’ombra del sospetto che il suo agire possa
essere stato determinato da rivalsa, all’annunzio della sua giubilazione da Prefetto
del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, disposta da Francesco 1,
carica alla quale Burke era stato preposto nel 2008 da Ratzinger, che due anni
dopo gli aveva anche conferito la porpora “cardinalizia”;
4 – anche nell’ipotesi migliore, ovvero di una proclamazione franca e integrale da parte di Burke della verità e della denunzia chiara e netta dell’invenzione di una nuova “Chiesa”, a partire dal conciliabolo vaticanosecondista, reggerebbe colui o un qualsiasi altro allo spaventoso uragano di fuoco e di attacchi che si scateneranno a man salva contro la sua persona da parte degli usurpatori insediatisi al presente nella Santa Chiesa? cui subito si unirebbero i loro confrati rivoluzionari nel mondo, ovvero gazzettieri di regime, affaristi, politicanti opportunisti, arrampicatori sociali di ogni sorta, che sperano nei vantaggi mondani che ricaverebbero dalla loro fedeltà a chi tradisce la Chiesa e Dio stesso; poiché sarebbe drammatico e squalificante per i sedevacantisti ritrovarsi un conducator che, con qualche repentina giravolta, con qualche disinvolta contorsione verbale o addirittura con un passaggio di campo al nemico, pur di salvare se stesso, si riconciliasse con La Rivoluzione ecclesiale e non.
Ecco, con questi quattro caveat e posto che la notizia sia vera e non soltanto una fola novembrina, noi ci auguriamo di cuore di questa proclamazione di verità; speriamo che essa si faccia quanto prima e che sia chiara lippis et tonsoribus; e che sia suonata, finalmente, l’ora tanto attesa, l’ora della liberazione dei buoni, l’ora del giudizio dei cattivi, insomma l’ora di Dio (la quale comunque verrà, o quaggiù o nell’aldilà) per tutti i pagliacci, i traditori, i persecutori e gli usurpatori, nella Chiesa e nella società.
Noi, fiduciosi e certi di questo avvenimento, aspettiamo.
M.G.R.
Verona, 6 novembre 2014
[1] Quest’espressione è stata
utilizzata dallo stesso Raymond Leo Burke in una recente intervista, rilasciata
alla rivista teologica Vida Nueva del 30
ottobre 2014.