Il Giornale - Mercoledì 6 Aprile 2005
L'FBI racconta
Quando
Siri nel 1958
divenne Papa Gregorio XVII¯
di Rino Di Stefano
Il Cardinale Giuseppe Siri, Arcivescovo
di Genova, nel conclave del 26 Ottobre 1958 venne eletto Papa con il nome di
Gregorio XVII ma due giorni dopo, su pressione dei Cardinali francesi, fu
costretto a dare le dimissioni in quanto, secondo i servizi di sicurezza
del Vaticano, la sua elezione avrebbe determinato l'assassinio di
diversi Vescovi dietro la Cortina di Ferro comunista. La notizia, ampiamente documentata, fa
parte del dossier segreto "Cardinal Siri" compilato dal Federal Bureau of Investigation
(FBI) in data 10 aprile 1961 per il Dipartimento di Stato americano.
Il dossier è rimasto secretato fino al 28 febbraio 1994 quando, scaduti i
termini della classificazione grazie alla legge Freedom of Information Act, è stato possibile
accedere al documento. Il primo a leggere quel dossier segreto fu Paul L.
Williams, consulente dell'FBI e giornalista investigativo, che nel 2003 diede
alle stampe il libro The Vatican Exposed: Money, Murder, and the Mafia, pubblicato negli
Stati Uniti dalla Prometheus Books.
Secondo il resoconto di Wililams, tutto cominciò nel 1954, quando il Conte Della
Torre, editore dell'Osservatore Romano, informò l'allora Pontefice Pio
XII delle simpatie che il Cardinale Angelo Roncalli (che più tardi diventerà
Papa Giovanni XXIII) nutriva per i comunisti. A quanto pare anche altri
esponenti della cosiddetta Nobiltà Nera,
cioè l'aristocrazia vaticana, espressero Io stesso tipo di timori al Papa.
Il Cardinale Giuseppe Siri e la fumata bianca.
La notizia giunse ben presto
nell'Ambasciata americana di via Veneto dove agenti della Cia e dell'FBI
vennero immediatamente attivati per scoprire le eventuali simpatie del Cardinale
Roncalli. Le indagini, inoltre, vennero estese anche a Monsignor Giovanni
Battista Montini, che più tardi salirà al trono di Pietro col nome di Papa
Paolo VI.
Williams a questo punto racconta
che Papa Pio XII, proprio per evitare che la Chiesa potesse uscire dai suoi canoni
tradizionali, indicò il Cardinale Giuseppe Siri come suo successore. Siri, come
ben sanno i genovesi, era fortemente anticomunista e un intransigente
tradizionalista in materia di dottrina della Chiesa. Inoltre era conosciuto
anche come un ottimo organizzatore.
Dopo la morte di Pio XII venne dunque il giorno del conclave. Era il 26 ottobre
del 1958 e i Cardinali si riunirono in assise nella Cappella Sistina per
eleggere il nuovo Papa. Ciò che avvenne in quelle ore è rimasto nella più
assoluta riservatezza e lo stesso Siri preferirà tacere per tutta la vita sul
suo segreto, piuttosto di rivelare quanto accadde.
Secondo gli agenti dell'FBI, che
quindi in qualche modo raccolsero le informazioni riservate di alcuni Cardinali
presenti nel conclave, al terzo ballottaggio Siri raggiunse i voti necessari e
venne eletto Papa col nome di Gregorio XVII. La notizia venne subito
ufficializzata con la tradizionale fumata bianca, che annunciò al mondo l'Habemus Papam. Non solo.
Quello stesso giorno alle 18 la notizia venne annunciata con gioia dalla Radio Vaticana. L'annunciatore disse: "Il fumo è bianco...non c'è alcun dubbio. Un
Papa è stato eletto".
Ma il nuovo Papa non fece alcuna
uscita in pubblico. La gente in Piazza San Pietro aspettava trepidante, ma la
finestra non si apriva. Ad un certo punto a qualcuno vennero dei
dubbi. Vuoi vedere che quel fumo non era poi così bianco? Forse era un po'
grigio... A quel punto, per
dissipare qualsiasi dubbio, Monsignor Santaro, Segretario
del conclave dei Cardinali, annunciò che il fumo in effetti era bianco e che un
nuovo Papa era stato eletto.
Ma l'attesa continuava senza alcun esito. Quella sera la Radio Vaticana annunciò che il risultato
era incerto. L'indomani, il 27 ottobre 1958, un quotidiano del Texas, The Houston Post, pubblicò un articolo
il cui titolo diceva "I Cardinali
hanno fallito a eleggere il Papa in 4 ballottaggi: confusione nei segnali di
fumo ha causato un falso responso".
Ma, a quanto pare, quel responso
era stato invece valido. Anche al quarto ballottaggio, secondo le fonti
dell'FBI, Siri ottenne i voti necessari per essere eletto Pontefice. Ma i Cardinali
francesi, mostrando i rapporti confidenziali dei servizi di sicurezza del
Vaticano, chiesero a Siri di rinunciare al Papato, in quanto la sua elezione "avrebbe causato disordini e l'assassinio di diversi vescovi dietro la
Cortina di Ferro"[1].
I Cardinali proposero quindi di
eleggere un "Papa di transizione" nella persona del Cardinale
Federico Tedeschini, ma l'interessato era in condizioni di salute troppo
precarie per poter accettare. Infine il terzo giorno, l'assemblea si mise d'accordo
per eleggere il Cardinale Roncalli, Papa Giovanni XXIII.
Fin qui il racconto di Paul L. Williams.
Secondo un altro giornalista e scrittore francese, Louis Hubert
Remy, nel conclave del 21 giugno 1963 un'altra volta
Giuseppe Siri stava per essere "rieletto" Papa. Ma ancora una volta
qualcuno fece osservare che la Chiesa sarebbe stata perseguitata, se un
personaggio come il Cardinale genovese fosse mai stato eletto Pontefice. E,
ancora una volta, Siri calò il capo, lasciando il posto a Paolo VI.
Il 18 maggio 1985 Louis Hubert Remy, l'amico Francois Dallas e il Marchese de la Franquerie, personaggio molto conosciuto nella Curia romana,
vennero ricevuti dal Cardinale Siri nel suo studio di via San Lorenzo, a
Genova. Ad un certo punto Remy domandò a Siri, se era
vero quanto si diceva circa la sua elezione a Papa. "Egli stette per lunghi attimi in silenzio, quindi alzò gli occhi al
cielo con un senso di sofferenza e dolore, unì le mani e, pesando le parole con
gravità, disse: ‘Sono legato dal segreto' - racconta Remy
- Quindi, dopo un lungo silenzio, pesante
per tutti noi, disse ancora: ‘Sono legato dal segreto. Questo segreto è
orribile. Potrei scrivere libri sui diversi conclavi. Cose molto serie sono
accadute in quelle occasioni. Ma non posso dire nulla".
E il suo segreto, sempre che siano vere le fonti che rivelarono quelle
indiscrezioni, se lo portò nella tomba.
Il suo modello:
Papa Gregorio XVI
Ma perché il Cardinale Siri avrebbe deciso di chiamarsi Gregorio XVII,
riferendosi così al Pontefice Gregorio XVI? Basta dare un'occhiata alla
biografia di quest'ultimo per capire la vicinanza che Siri doveva sentire nei
riguardi di Bartolomeo Alberto, diventato sacerdote con il nome di fra’ Mauro Cappellari e quindi Papa Gregorio XVI dal 2 febbraio 1831 all'1 giugno 1846.
Gregorio XVI passò infatti alla storia come uno dei Pontefici più conservatori
e antiliberali che la Chiesa abbia mai avuto.
La Roma papalina di
Gregorio XVI.
E Siri, come chi lo conosceva sapeva bene, era assolutamente conservatore e
ostile ad ogni innovazione nell'ambito della dottrina cattolica. Sua, tra
l'altro, è la frase che "l'Aids è un
castigo di Dio".
Ma vediamo di sapere qualcosa di più intorno a Gregorio XVI. Bartolomeo
Alberto nacque a Belluno nel 1765 e nel 1783 entrò nel convento dei Camaldolesi
di San Michele di Murano, dove fu ordinato sacerdote nel 1787, col nome di fra’
Mauro Cappellari. Già nel 1799 si fece un certo nome pubblicando un volume
nel quale esaltava il trionfo della Santa Sede e della Chiesa contro gli
assalti degli innovatori, a difesa del potere temporale e dell'infallibilità
papale, attaccando le tesi dei febroniani e dei giansenisti.
Fu proprio per questo che nel 1814 venne chiamato a Roma, dove nel 1823 divenne
Vicario Generale dei camaldolesi. Fu Leone XII nel 1826 a nominarlo Cardinale con
il titolo di San Callisto e Prefetto di Propaganda
Fide. Nel 1829 fu quindi candidato al conclave e, subito dopo la morte di
Pio VIII, uno dei più lunghi conclave della storia vaticana (14 dicembre 1830 -
2 febbraio 1831) lo elesse Papa, col nome di Gregorio XVI.
Erano tempi molto caldi. Nel
luglio [1830] di quello stesso anno scoppiò una rivoluzione in Francia le cui
idee immediatamente si propagarono in Italia, provocando le insurrezioni [massonico-carbonare]
di Bologna, Pesaro, Urbino, Fano, Fossombrone, Sinigaglia
e Osimo che decretarono la fine del potere temporale dei Papi e proclamarono, a
Bologna, lo Statuto costituzionale provvisorio delle province italiane.
La risposta di Gregorio XVI non
si fece attendere. Il Papa si rivolse all'Imperatore austriaco, che
immediatamente inviò un esercito in Italia per sedare la ribellione. Per cui gli austriaci,
aiutati dalle truppe dei Sanfedisti [?], i militari fedeli al Papa,
ristabilirono in poco tempo il potere pontificio.
Culturalmente parlando Gregorio XVI era quello che si dice un uomo colto, visto
che era un noto orientalista e un fine teologo. Tuttavia la sua intransigenza e
ostilità verso qualunque riammodernamento [= cedimenti alla Rivoluzione] dello
Stato pontificio, le cui strutture accusavano il segno degli anni e dei tempi,
provocarono una serie di ribellioni che ogni volta finivano in un bagno di
sangue. Un esempio sono i moti di Romagna del 1843 e 1845.
Come si può leggere su Riassunti di
Storia d'Italia[2], "il suo pontificato fu caratterizzato dalla condanna del cattolicesimo
liberale del Lamennais (enciclica Mirari vos,
1832) e delle dottrine del
tedesco G. Hermes, sostenitore di un indirizzo teologico a base razionalista
(breve del 26 settembre 1835) e da aspri contrasti con alcuni Paesi europei
(rottura delle relazioni diplomatiche con Spagna e Portogallo per la
legislazione anticlericale dei governi di Maria Cristina e Maria da Gloria,
1835-1840; frizione con la Prussia per la questione dei matrimoni misti;
scontro con il governo russo, che mirava a riportare all'ortodossia la chiesa
rutena greco-uniate)".
Per quanto riguarda i pochi aspetti positivi di questo Pontefice, di lui si può
dire che incentivò l'azione dei missionari cattolici in particolare in
Inghilterra e nell'America del Nord. A Roma, invece, ricostruì la Basilica di
San Paolo fuori le Mura, fondò l'Orto botanico, il Museo Etrusco e una Scuola
di Agricoltura. Morì infine a Roma il 1° giugno del 1846, assai poco rimpianto.
Il suo successore Pio IX, salito al soglio pontificio lo stesso mese, il 20 settembre
del 1870 vedrà i bersaglieri di La Marmora entrare in Roma dalla breccia di
Porta Pia[3].
Il prete comunista don Andrea Gallo (1928-2013). Genovese, ordinato
nel 1959, fu dapprima salesiano. Nel 1964 chiese di essere incardinato nel
clero secolare dell’Arcidiocesi di Genova. Si vantò sempre di non aver mai subìto
nessuna censura canonica: né dal Cardinale Siri, né dai suoi successori:
Canestri, Tettamanzi, Bertone e Bagnasco.
¯ AVVERTENZA. L’articolista, un liberale
marcio, odia il grande Papa Gregorio XVI, per il suo intransigente
antiliberalismo, tanto da darne un’immagine offensiva e caricaturale. I fatti
del nostro tempo corrotto e la spaventosa crisi nella Chiesa in atto s’incaricano
però da soli di difenderne la memoria e la preveggenza. Quanto a Siri, di là
dal mito di Cardinale di ferro costruitogli attorno, egli tutto fu, fuorché un
novello Gregorio XVI: conservatore nel senso peggiore della parola; leale ai
modernisti, quando s’impadronirono della Chiesa, snaturandola completamente,
senza mai reagire; artefice di un’opposizione di Sua Maestà durante il vaticano
II e, peggio, dopo, allorché dichiarava di leggere in ginocchio i testi del
concilio che fu il 1789 della Chiesa; senza mai sfiorare con una censura
canonica neppure un pazzo comunista come don Gallo, lasciandogli anzi piena
libertà di apostatare e di propagandare il male, a Genova e fuori. Di là dai
buoni testi e documenti pubblicati, la fotografia più fedele del Cardinale Siri
è quella che lo ritrae mentre celebra la messa nuova, neoluterana, con il
gentiluomo con lo spadino al fianco. Ovviamente tutto questo non può essere
compreso da un gazzettiere come l’autore di questo articolo, per di più infetto
dallo spirito e dalla corruzione rivoluzionaria. Le immagini sono in parte
redazionali. N.d.r.
[2] Si osservi che il nostro gazzettiere
non è nemmeno capace di citare un sussidiario da scuola media, peraltro
influenzato dalle stesse idee settarie preconcette dei suoi amici liberali,
laicisti e socialcomunisti o vaticanosecondisti,
ch’è poi lo stesso, ma dei semplici e raccogliticci Riassunti di Storia d'Italia, ad uso degli studenti più somari. Summa di tutte le banalità, ideologismi
e luoghi comuni della bolsa scuola di Stato di regime.
N.d.r.
[3] Per la felicità del cronista e di quelli come lui. N.d.r.